MAGICO ORIENTE

Il fascino impalpabile del ponte tra Europa e Sudest Asiatico, attraverso i simboli vedici portati dagli Indoariani e mescolatesi con le culture indigene oltre l’Indo.

Sensazioni da diario di viaggio. Articolo di Auro Wild.


Un filo culturale lega gli Europei all’Oriente vedico, non solo attraverso la lingua madre indoeuropea nel metro dello sanscrito, ma anche condividendo schemi mitici e simbolismi comuni.

I primi miti li lessi da bambino e a 10 anni mi fu regalato un libro sulle leggende del mondo.

In quel testo, il primo mito che lessi fu il racconto birmano di Min Lay e il dragone, mentre il secondo fu la saga del Nibelunghi, che sempre parlava di una prova che coinvolgeva l’eroe Sigfrido contro il drago Fafnir.

Insomma, lessi prima un racconto orientale e poi uno europeo.

Oggi non vedo questa cosa come una casualità, piuttosto come un evento di sincronicità e di attrazione mentale verso racconti che sembravano scelti a caso, invece erano già parte di me.

I Veda sono il tramandamento del sapere antico che fu portato dagli Indoariani, dalle terre eurosiberiane al nord dell’India nel II millennio avanti era volgare, ed è per questo che noi Europei veniamo spesso affascinati da ciò che si trova nella tradizione mitologica e spirituale dell’India, perché in tale retaggio si conserva qualcosa che apparteneva anche a noi e che poi abbiamo perduto, assorbiti nella fede straniera venuta dal deserto.

La fede e il credo tuttavia sono aspetti appetibili solo per chi è cascato nella trappola mortificante del monoteismo abramitico, mentre altri, per dote naturale o per istinto di conservazione hanno intuito che la Verità non è dove ci hanno insegnato, perché non si può insegnare.

Ora, questo preambolo era doveroso per dire che la mia personale attrazione per l’oriente vedico non è inferiore a quella che provo per le antiche tradizioni celtiche, venete, germaniche e slave, nelle quali appunto ritrovo elementi coincidenti a quelli vedici e totalmente dissonanti da quelli giudaico cristiani, i quali appartengono ad un’altra tradizione e alle genti semitiche.

Gli Europei e tutti i popoli mescolatesi con gli Europidi notte tempo hanno invece un filo conduttore che, attraverso i loro miti, li riporta a quella culla ancestrale che personalmente chiamo iperborea o dell’Estremo Settentrione del Mondo, come realizzò il dotto indiano Bal Gangadhar Tilak e non solo lui.

Questo articolo è dedicato all’oriente vedico, e alle derivazioni del sapere atavico in nuove linee di pensiero come il tantrismo e il buddhismo, senza dimenticare che le antiche tradizioni celtiche, ma anche greco-romane, germaniche e paleoslave avevano nel loro politeismo la stessa forza di quello che si è conservato così lontano.

Ricordiamo inoltre che non bisogna confondere l’Oriente di cui sto parlando con ciò che è levantino e semitico.

In India e in Nepal ho avuto il piacere di parlare con persone formate nelle loro tradizioni oltre ad apprezzare le architetture che in qualche modo ricordano anche vagamente quelle della tradizione slava.

Gli Slavi delle distese russe sono i popoli ponte tra Europa, Siberia e Sudest asiatico, Quello stesso ponte che fu percorso migliaia di anni fa dai carri degli Indoariani, definiti anche indoeuropei e indogermanici.

L’epicità dei racconti quali la Bhagavad Gita, il Mahabharata e il Ramayana ricordano vagamente la grandezza dei poemi celtici e delle saghe europee precristiane.

Il celtismo, definito anche induismo dell’occidente, dava il senso pieno di una culla ancestrale comune per i racconti che poi si sono spostati e riadattati attraverso il ponte Europa – Siberia – Nord dell’India e contaminazioni nel Sudest Asiatico.

In India e Nepal gli alberi tempio potrebbero essere specchio degli alberi sacri un tempo venerati nell’Europa precristiana.

Le iconografie e le arti visive di tradizione vedica, integrate anche nel mondo del buddhismo, del dravidismo, del tantrismo e di altre culture, inclusa quella Khmer della Cambogia mostrano i molteplici aspetti dell’induismo e dei suoi milioni di dèi.

La cultura vedica si è integrata ed è sopravvissuta in simboli che ridondano in tutto quell’Oriente che tanto affascina gli Occidentali e analizzandone i miti possiamo ritrovare la grandezza di ciò che fu la cultura indoeuropea antica con tutti i suoi politeismi derivati, da quello celtico e protogermanico a quelli slavi e greco-romani.

Georges Dumezil più di altri ha dimostrato la complementarità dell’organizzazione sociale, della lingua e dell’ideologia comune degli indoeuropei, che si ritrova nella cultura dei popoli originali europei quanto in India e nei paesi dove è giunta la cultura vedica.

Ed è davvero singolare notare come l’occidente si sia inaridito e semitizzato abbracciando il monoteismo venuto dal deserto, mentre ciò che riflette la vera natura spirituale ed ideologica dell’europeo sia sopravvissuta, pur rivestita di misticismo esotico, nell’Oriente vedico.

Nei miei numerosi viaggi in Asia non ho potuto che fare esperienza di questa sottile trama che lega la nostra antichità con le tradizioni lì conservatesi.

Non solo le lingue indoeuropee si legano nel metro dello sanscrito, ma anche molte altre forme di arte e di pensiero che i più attenti riescono a percepire.

L’occidente sta sprofondando tra i tentacoli del giudaismo internazionale, quella creatura estranea che ha stregato le menti di intere masse.

Ciò che è nostro, culturalmente e spiritualmente, sottile e non manifesto, lo possiamo solo realizzare personalmente e oltre le illusioni che spesso scambiamo per realtà.

Non importa se sia osservando simboli dell’arte orientale o le foglie di un albero, l’importante è spostare la nostra attenzione altrove, sfuggendo ai dogmi del nostro tempo e cercando la via che conduce alla liberazione e all’Assoluto.

 

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